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Che cosa imparerai in questo articolo
La Pianura Padana è un esteso deposito aurifero;
Quasi ogni fiume presenta tracce di pagliuzze d'oro lungo il suo greto;
Elvo, Orco, Ticino, Orba sono solo alcuni dei più ricchi fiumi auriferi piemontesi.
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La morfologia delle pagliuzze d'oro: sintomo del loro trasporto e della distanza dal giacimento d'origine
L’oro che si può trovare nei greti dei fiumi piemontese si presenta sotto forma di sottili scagliette o pagliuzze, alle volte anche granuli, i quali difficilmente superano il millimetro di diametro ed i 3-4 milligrammi in peso. Invece, nei pressi dei depositi eluviali, i quali sono ravvicinati all'affioramento delle vene aurifere, sono state rinvenute scagliette fino al centimetro di diametro ed oltre al grammo in peso e pepite fino a 50 grammi in peso. In ogni caso, i tenori medi delle principali alluvioni aurifere variano da pochi decimi di grammo ad oltre un grammo per metro cubo. Tornando a parlare del diametro medio delle pagliuzze d'oro, esso è inferiore a 0.250 mm, ma non mancano scaglie di maggiori dimensioni e granuli fino ad alcuni millimetri in prossimità dei depositi morenici (es. Elvo). Invece, il peso delle singole pagliuzze e dei granuli varia notevolmente, infatti può variare da 1 a 5 milligrammi e raggiungere o superare i 10 milligrammi quando assume una morfologia arrotondata.
Il Geol. Pipino nelle prove qualitative e quantitative ha mostrato come nelle sabbie pesanti siano presenti in abbondanza: magnetite, granato ed ilmenite; mentre tra i minerali femici sono presenti: anfiboli, pirosseni, epidoti ed ematite. Il contenuto di piombo è alle volte anomalo, mostrando una maggioranza volumetrica a causa dei rifiuti antropici (es. pallini da caccia). La magnetite non presenta apprezzabili tracce di arsenico, solfo e fosforo, e l’ilmenite non contiene elevate quantità di cromo e fosforo. Altri minerali utili, oltre al rutilo e zircone, potrebbero in quale caso raggiungere discreti valori, specialmente quelli radioattivi (fonte: Pipino, 1982).
La concentrazione delle pagliuzze d'oro nei fiumi in Piemonte
Le punte aurifere sono locali arricchimenti tipicamente posti lungo le anse, accanto al greto fluviale. Possono essere sommerse durante alcuni periodi dell’anno. In generale, l’oro è presente lungo diversi orizzonti, i quali sono circa paralleli al piano campagna del deposito e circa orizzontali. Variano sia in profondità (cioè ci sono diversi orizzonti, procedendo con lo scavo) sia lateralmente (come nell’immagine sotto ci sono dei “lembi” a forma di “coda di cometa”). La porzione più arricchita si trova all’apice della coda, cioè dove si trova la “cometa” stessa. Ogni piena, produce un nuovo orizzonte, il quale è più o meno esteso ed arricchito sulla base dell’azione della piena. Può anche solo essere frutto di una locale rielaborazione dei sedimenti auriferi presenti nel caso di una piena di minor entità. In ogni caso, la medesima ansa ospita molteplici lembi di sedimenti auriferi. L’orizzonte aurifero più superficiale è di solito quello più recente.
Cercando lungo i greti dei fiumi è possibile imbattersi in nuovi depositi d'oro! è molto affascinante!
Le punte aurifere: dove le pagliuzze d'oro si concentrano
Le punte aurifere sono depositi effimeri nel tempo ed in particolare sono risorse rinnovabili in senso lato. Infatti, ad ogni piena, è possibile rinnovare il contenuto aurifero e cambiare leggermente la morfologia della punta (profondamente nel caso di piene storiche). Sicuramente, le punte maggiormente arricchite sono quelle che si formano a seguito delle piene di grande entità ed intensità, le quali richiedono molteplici giorni di piogge e nubifragi a monte. Spesso sono eventi disastrosi anche per i collegamenti stradali e per le città limitrofe ai fiumi. Le punte aurifere si trovano subito dopo le cosiddette curve di erosione, cioè pareti semi-verticali posizionate lungo il percorso del fiume, dove ad ogni piena vi sono nuovi sedimenti erosi. L’acqua seleziona l’oro e i minerali pesanti che sono i primi a sedimentarsi producendo il lembo di arricchimento (orizzonte superficiale). Questo è facilmente coltivabile, disgaggiando i primi 10-30 centimetri e lavando le ghiaie aurifere risultanti. Visto il carattere rinnovabile dell’arricchimento aurifero lungo le punte fluviali, conviene ripristinare allo stato originario (cioè embricato) i ciottoli presenti e lavare solamente le ghiaie e sabbie.
Le qualità delle pagliuzze d'oro italiane
A prescindere dalle mere dimensioni, l’oro fine (minore di 1 millimetro in diametro) possiede alle volte un aspetto (o morfologie) molto particolari. Tipicamente l’oro può assumere diverse forme cristalline durante la cristallizzazione (es. cubica, ottaedrica, rombododecaedrica, filiforme) e presentare geminazioni.
Inoltre, l’oro con il trasporto tende naturalmente a subire urti e stress esterni e venendo in contatto con le acque superficiali perde alcuni elementi chimici che contiene nella lega (ad esempio l’argento ed il rame), i quali forniscono importanti conseguenze sul colore:
1. Oro puro: classico giallo chiaro metallico e riflettente;
2. Oro + argento: il colore vira verso il bianco man mano che l’argento aumenta in quantità. Alle volte presenta un riflesso verdastro (lega chiamata electrum);
3. Oro + rame: il colore vira verso il rossiccio man mano che il rame aumenta di quantità.
A causa del trasporto, i granuli d’oro ben cristallizzati tendono a “snaturarsi”, mallearsi diventando appiattiti e filiformi (presentando “orecchie” alle volte o piegamenti). Questo accade nei primi chilometri di trasporto, tipicamente fluviale. I ghiacciai invece tendono a trasportare grandi quantità di sedimenti auriferi senza grandi mutamenti nella morfologia dei granuli o delle pagliuzze d’oro.
Quindi, sulla base delle nostre ricerche, ad esempio risalendo un corso d’acqua potremmo osservare diverse morfologie associate ai nostri ritrovamenti. Ecco perché conviene sempre collezionare l’oro dividendo le varie raccolte in campionature.
I minerali pesanti nei fiumi del Nord Italia secondo le campagne di campionamento eseguite dal Geol. Giuseppe Pipino alla fine del secolo scorso; sono indicate anche le purezze di alcuni campioni (es. una pagliuzza dell’Orco ha 938 parti di oro, 46 di argento e 16 di rame rispetto 1000 parti totali considerate); modificato Pipino G., 1989.
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