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I romani cercavano le pagliuzze d'oro in Piemonte già 2000 anni fa! Storia di una corsa all'oro

Tempo di lettura (4 minuti)

Che cosa imparerai in questo articolo

  1. In Piemonte ci fu una corsa all'oro 2000 anni fa da parte dei Romani;

  2. I Romani non furono però i primi a scoprire i fiumi auriferi in Piemonte, prima di loro ci furono i Salassi ed altre popolazioni locali;

  3. Elvo, Dora Baltea, Ticino sono solo alcuni fiumi dove i Romani trovarono l'oro.

Piemonte: la prima corsa all'oro italiana? Gold rush romana

Il Piemonte è una delle regioni più aurifere italiane e mostra ancora oggi chiare testimonianze del suo passato storico. Infatti, la penisola italiana già ospita da millenni differenti etnie e popolazioni ma è dai Romani che abbiamo fonti scritte concrete per quanto riguarda la ricerca dell'oro. In particolare, essi notarono interessanti concentrazioni di pagliuzze e granuli d'oro lungo alcuni fiumi piemontesi, quali Elvo, Dora Baltea e Ticino. In queste località condussero ricerche e sfruttamenti minerari, alcuni di questi ancora conservati e tutelati oggi nel Parco della Bessa nel Biellese e nell'area di Villareggia e Mazzè per quanto riguarda la Dora Baltea.


In ogni caso, i Romani non furono i primi a scoprire questa preziosa risorsa, infatti ci sono accenni alle miniere d’oro dei Salassi in Plinio il Vecchio, il quale nel 70 A.C. scrisse che il Senato romano aveva prescritto che nelle miniere di "Ictimuli", identificate oggi come quelle della Bessa, non potessero essere impiegate più di 5.000 persone.

Questa fonte storica è di grande importanza in merito alla storia della ricerca dell'oro in Italia. Infatti, si può ipotizzare come ci potessero essere più di 5000 persone al lavoro all'epoca, tale per cui si necessitò di normare il numero massimo di persone presenti.


Per giustificare una manodopera in tale numero, è auspicabile pensare che di oro ve ne fosse eccome nei placer auriferi della Bessa. Oggi rimane traccia di questi lavori. Infatti, è possibile osservare vaste e sterminate distese di ciottolame, frutto dello scarto dei lavaggi. Inoltre, l'Elvo è ancora meta di prospettori in arriva da tutta Europa, principalmente da Svizzera, Germania e Francia, oltre che di una tradizionale ricerca dell'oro da parte dei locali.


Prima dei Romani, qualcuno cercava già l'oro in Piemonte?

Il geografo greco Strabone è una fonte molto interessante. Infatti, ci dice tramite i suoi scritti che prima dei Romani, già i depositi auriferi lungo la Pianura Padana piemontese erano cercati e parzialmente sfruttati dalle popolazioni locali, chiamate anche "Salassi" nell'areale della Gallia Cisalpina.


Cit. “Il paese dei Salassi ha pure delle miniere, di cui un tempo, quanto ancora erano potenti, i Salassi erano padroni, come pure erano padroni dei valichi alpini. Nella produzione mineraria era loro di grande aiuto il fiume Duria per il lavaggio dell’oro; perciò in molti punti, dividendo l’acqua in canaletti, svuotavano la corrente principale"

Questo serviva a quelli per la produzione dell’oro, ma danneggiava gli agricoltori che coltivavano le pianure sottostanti, privati dell’acqua di irrigazione, il fiume difatti era in grado di irrigare la terra perché la corrente scorreva a livello superiore. Per questo motivo vi erano continui conflitti tra le due popolazioni” (Strabone - Geografia libro IV – 1, 27).


Notiamo come già all'epoca, l'acqua era un fattore fondamentale e determinante per lo sfruttamento minerario e la raccolta delle pagliuzze d'oro dai sedimenti auriferi. Infatti, era necessaria per i lavaggi, in buona sostanza l'operazione necessaria per suddividere l'oro dai sedimenti sterili e concentrarlo in un ridotto volume, dal quale successivamente estrarlo. L'acqua però era importante anche per l'agricoltura e quindi vi furono conflitti di interesse per il suo utilizzo. Strabone continua:


Cit. “Dopo la vittoria dei Romani, i Salassi furono cacciati dalle miniere e dal territorio circostante, ma perché continuavano a occupare i monti, fino a poco fa vendevano l’acqua ai pubblicani che avevano appaltato i lavori delle miniere d’oro e vi erano continue liti coi Salassi per la cupidigia dei pubblicani. Così accadeva che i comandanti romani mandati in quei luoghi avessero facili pretesti per le guerre” (Strabone Geografia libro IV - 6, 7).


Via via negli anni questa relazione di attrito tra le popolazioni locali ed i Romani insediati crebbe tanto da portare a conflitti veri e propri per accaparrarsi la risorsa idrica ed i suoi diritti. Ricordandoci che Strabone descrive questi eventi circa un centinaio di anni:


“Questo sfruttamento delle miniere, oggi non avviene più come prima perché quelle dei Celti transalpini e parimenti quelle dell’Iberia sono più proficue. Una volta, quando anche a Vercelli c’era una miniera d’oro, era in vigore tale sfruttamento. Vercelli è un villaggio vicino ad Ictimuli che pure è un villaggio: entrambi sono vicini a Piacenza” (Strabone Geografia libro V – 1, 12).


Conclude dicendo come lo sfruttamento minerario fu coinciso per un breve lasso di tempo, il quale possiamo ipotizzare da qualche decina a centinaio di anni. Vi consiglio di visitare il Parco della Bessa per ulteriori informazioni in materia, anche solo per quantificare con lo sguardo la mole di lavoro che le popolazioni all'epoca mise in atto per estrarre l'oro dai sedimenti biellesi. In ogni caso, tracce di questi lavori e ricerche si hanno in buona parte del Piemonte e Lombardia a conferma dell'interesse da parte dei Romani nel metallo aureo.


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